STORIA DI BONAVALLE

Introduzione


Il Castello, ed il relativo feudo, hanno origini molto antiche, ma documentalmente incerte; sin dai primi documenti del XIV secolo si rileva una proprietà condominiale pertanto una “Signoria” condivisa tra più “Consignori” (con le relative contese); l’edificio, con stratificazioni di varie epoche, è un esempio di quello che viene definito castello “rurale”, come ben circostanziato in un articolo di Claudia Bonardi (“PIEMONTE” architettura popolare in Italia – a cura di Vera Comoli Mandracci – Ed La Terza - 1988), che ben descrive tale tipologia ed in particolare il castello di Bonavalle. Per l’esattezza un insediamento con una originaria funzione difensiva (torri tuttora esistenti, fossato e barbacani non più rintracciabili), al centro di un feudo composto da fondi agricoli, con documentata funzione di protezione di persone e prodotti della terra, che in seguito alla perdita delle funzioni di fortificazione (ed al divieto sabaudo di mantenimento di strutture fortificate) mantiene la caratteristica funzione di residenza “signorile” extra-urbana, senza perdere definitivamente i caratteri originari, contrariamente a quanto invece avvenuto in molti altri edifici “ingentiliti” in ville dal ‘600 al ‘800; questo probabilmente anche per la documentata caratteristica di condominio (molte furono le famiglie di “consignori”) e di residenza sempre saltuaria, probabilmente dovuta all’isolamento dai centri principali, e le varie quote della proprietà passarono di mano in mano a varie famiglie che mantenettero la residenza altrove; la stessa famiglia Turinetti, probabilmente la più costante, ricca e blasonata proprietaria del castello, si preoccupò di apportare miglioramenti e ristrutturazioni, ma non risulta averci mai risieduto (con una sola eccezione documentata).
Nel 1800 il comune di Racconigi rivendica l’appartenenza del feudo al relativo territorio per ragioni storiche, ma non esistono prove di una effettiva annessione a discapito del comune di Murello; nel 1888 è documentata l’attuale divisione dei territori in prossimità dell’immobile (il confine lambisce il giardino di pertinenza), la proprietà a due fratelli Turinetti, nonché la perimetrazione indicativa delle terre rimaste a corredo della proprietà (si presuppone solo una piccola parte del feudo originario).

Verbale di delimitazione del territorio comunale 29/08/1888 Racconigi
Verbale di delimitazione del territorio comunale 29/08/1888 Racconigi

L’immobile ha subito un inesorabile declino dopo la morte degli ultimi proprietari, donato con legato ai comuni di Racconigi e Chiomonte, ed è allo stato di rudere a causa della perdita di buona parte dei tetti e dei relativi orizzontamenti.

 

Murello

 

Quasi certamente il sito di Bonavalle nei primi anni del XII sec apparteneva al feudo di Murello, ne consegue il fatto che pochi furono i documenti a testimonianza dei vari passaggi di proprietà. Le prime notizie sui centri abitati sorti in questa zona risalgono ad un atto del 1055 riguardante la conferma della proprietà di terreni accordata dal Vescovo di Torino Cuniberto all’Abazzia di Cavour.

In questo periodo Murello apparteneva ai vescovi di Asti, a cui seguì il marchese Bonifacio del Vasto, che, prima di morire, divise il suo stato fra i numerosi figli. Al quartogenito Guglielmo I° (1125-1156) toccò il marchesato di Busca che includeva Murello ; ai suoi eredi , nel 1217, successe il marchese di Saluzzo .

Al tempo dei marchesi di Busca, il feudo di Murello passò ai templari, noti per l'impegno con cui combatterono gli infedeli e per le enormi ricchezze (terreni e relativi immobili) accumulate in circa due secoli. Localmente acquisirono estese proprietà terriere e fecero erigere un castello con annessa una chiesa e alcune case coloniche (ora rilevabili nella casa canonica, nella chiesa parrocchiale nella cascina La Commenda. Detti immobili, in seguito alla soppressione dell'Ordine dei Templari, nel 1312, passarono al Sovrano Ordine Gerosolimitano (i cavalieri di Malta), che ne affidò la gestione ad un commendatore, posto alle dipendenze della commenda di San Lorenzo di Racconigi.

In assenza di ulteriori documenti, è possibile presupporre una analoga ricostruzione per le proprietà terriere, con castello, ricetto e case coloniche, di Bonavalle; gli eventi storici hanno decretato l’evoluzione ben più prospera di Murello (a ovest), e vieppiù di Racconigi a est (parimenti originata da una comunità monastica, un fortilizio, ed il vicino ricetto), anziché del vicino castello di Carpenetta (a nord) e di Cavallerleone (a sud), con il quale ci fu comunanza di molte signorie.

Sul circondario di Murello esercitarono diritti feudali (oltre all’ordine di Malta che ottenne diverse concessioni a iniziare dal 1563) alcuni importanti casali della zona, quali Cambiano di Ruffia e Falletti dì Villafalletto , e le nobili famiglie Costa Raynaudi, Broglia di Vische, Godano e Ferrero. In particolare i conti Cambiano beneficiarono di queste prerogative per ben sessantotto volte, fra a 1540 ed il 1740.

Famiglie dunque differenti da quelle correnti in Bonavalle e Cavallerleone, anche se provenienti dalle stesse

zone del torinese e chierese (centri medioevali più fiorenti).

 

L’origine del nome

 

La sola ricerca delle origini del toponimo Bonavalle richiederebbe degli studi più approfonditi.

Stando ai fatti il termine Bonavalle può molto semplicemente derivare dai termini latini Bona (prospera) e Vallis (o Valles, is: valle-alveo). L’unione dei due termini, in definitiva, starebbe ad indicare una valle o la secca di un fiume particolarmente prospera per l’agricoltura (e come tale non meraviglierebbe l’assegnazione di tale nome alla pianura alluvionale tra i paesi di Murello e Racconigi).

Nonostante l’unione di due termini in definitiva così comuni (in particolare –valle) non esiste alcuna città o toponimo di rilievo con questa denominazione; ne esistono, anche in buon numero, in Italia ed in Europa, e sono tutti secondari e nascosti, e legati all’epoca medioevale.

Basti considerare Bonaval un monastero (ora uno stupendo rudere in primo stile gotico) presso il piccolo paese di Retiendas, provincia spagnola di Guadalajara; una coincidenza, visto che il monastero sarebbe stato fondato grazie alla donazione ai monaci cistercensi del re Alfonso VII di Castiglia, devoto a San Bernardo di Chiaravalle, segnalato come fondatore della regola templare.

Si segnalano anche:

  • un convento Bonaval (dedicato a San Domenico) presso Santiago de Compostela
  • Un monastero (diruto – solo tracce) ad Ossi nel Sassarese
  • Altri toponomi sparsi in Italia sempre in luoghi sconosciuti (ad Occhieppo superiore, nel Biellese, contrada Bonavalle a Volturana Appula nel foggiano)
  • Come Bonavalley un toponimo nella cittadina di Athlone, regione centrale dell’Irlanda
  • Un monastero dedicato a Santa Maria di Valbuena, piccolo paese presso Valladolid

Senza riscontri documentali è impossibile collegare tutti questi toponimi e luoghi di culto, anche se gli elementi ricorrenti sono più di quelli discordanti. Non si può escludere che gruppi di religiosi di vicina estrazione abbiano prescelto per la fondazione delle proprie abbazie ed insediamenti rurali in tutta Europa luoghi fertili e coltivabili ma ben lontani dalle città (scelta documentata dalle relative Regole), assegnando i toponimi di Bona Vallis, nelle diverse varianti (lontani dalle città nel 1.200, ma di fatto anche ai nostri giorni); senza dover immaginare collegamenti più stretti, come punti di sosta lungo percorsi predeterminati (per recarsi in Terra Santa o per il commercio del sale), se non arrivare ad ipotizzare una abbreviazioneestrazione dal nome del già citato Bernardo di Chiaravalle (Bernardus Monachus Claraevallensis).

A parte la documentata presenza dei Templari non esistono né prove, né veri e propri indizi a favore di una origine monastica (nel senso che il castello sia stato edificato con un primo nucleo o sorga sulle fondamento di un primo edificio adibito ad abbazia o monastero); la pianta regolare ed il cortile interno, comuni alle piante dei Monasteri, sono anche reperibili in numerosi altri edifici coevi, non necessariamente di origine religiosa.

 

L’edificio e la sua evoluzione nella storia

 

I primi documenti che attestano Bonavalle come luogo abitato ed incastellato risalgono al XIV secolo; nel

1342 Bonavalle è registrato come feudo del Marchesato di Saluzzo; la proprietà di quote del castello e del feudo rilevabile nei vari documenti di archivio è di seguito elencata in ordine cronologico:

 

1342: Vagnone (-i) Bartolomeo, Giorgio ed Enrietto già Signori di Trofarello

1356: Marchesi di Ceva già Signori di Nuceto.

1360: Gribaudo e Antonio Guasco (o Vasco) vendono a Martino Vagnoni

1434: Bongiovanni e Niccolò Balbo

1449: concessione tra i Simeoni di Cavoretto e i Balbo di Chieri

1561: Francesco Leone da Trecate

1567: ai fratelli Ludovico e Bonifacio Balbo è concesso 1/30 del feudo

1573: Serafino Monforte

1574: Antonio Ferrero

1581: Nicodemo e Biagio Lelio

1582: Melchiore e Baldassare Balbo Signori di Bonavalle e Cavallerleone

1604: successione a Ludovico Balbo

1615: Anna Balbo cede a Pietro Leonardo Roncas, Marchese di Caselle

1617: feudi confiscati a Roncas e donati a Rinaldo Francesco Vignone di Grenoble

1630: Giovanni Paolo Cinquevie di Milano

1633: due noni del feudo a Filippo Monforte di Racconigi

1641: Cinquevie vende al conte Giovanni Antonio Turinetti

1643: Giovanni Antonio compra porzione di feudo e cassine di Filippo Monforte di Racconigi

1685 ca.: Pietro Balbo

1738: Giacomo Filiberto Balbo Signore di Bonavalle e Cavallerleone

1782: Prospero Balbo Signore di Bonavalle e Castelgentile

 

Altri feudatari segnalati come signori o consignori di Bonavalle (in epoca qui non rilevata) furono:

Altessano Signori di Cervere e Bonavalle,

Percivalli consignori di Bonavalle, Drosso, Casalgrasso,

Roffredo da Cherasco, conti di Saorgio, consignori di Bonavalle e Cavallerleone,

Sicco di Alba, consignori di Bonavalle e Cavallerleone

Non si riporta qui il dettaglio dei passaggi di proprietà rilevati dalla ricerca di archivio, ma si riferiscono gli

elementi essenziali:

 

Condominio

In tutta la storia del feudo e del castello le famiglie (sopra elencate) nelle loro alterne fortune si avvicendano per quote parziali (1/3, 2/3), ed a parte il primo periodo di fondazione (ignoto) con la sola eccezione dell’acquisto dell’intera proprietà a fine 700 da parte della famiglia Turinetti (tra tutte le altre la più ricca e blasonata), con l’abbandono dei Balbo (che prosperò in epoca anteriore).

Di conseguenza in tutti gli atti si dà conto della coesistenza di più unità immobiliari, stanze ad alloggi con accessi e scale separate. E come in tutti i condomini non mancarono le liti ed i contenziosi tra i condomini.

 

Castello rurale e residenza estiva

Moltissime famiglie acquisirono la signoria (o la consignoria di Bonavalle) con altri feudi e castelli (in primo luogo il vicino Cavallerleone), ma non la adibirono mai a residenza principale (unica eccezione il cav. Demetrio Turinetti, e solo dalla seconda metà dell’Ottocento); come insediamento rurale gli alloggi avevano il ruolo di albergo per i soli periodi di maggiore cura negli affari locali, preferendo risiedere nei maggiori insediamenti urbani (Torino e Chieri) come documentato sin dal 1300.

Struttura e funzioni: la storia delle sue trasformazioni nel corso dei secoli

 

Il castello è costituito da un corpo a pianta quadrata, con due torri angolari sulla facciata principale sud, ove

è posizionato il portale di accesso al cortile interno, e due torrette a nord; è dunque composto da quattro

maniche coperte da un tetto in coppi, e la facciata principale presenta un corpo principale sopraelevato

(quasi una torre porta). L’edificio risponde a quello che potremmo definire un archetipo distributivo del

castello tardo medioevale (il simbolo del castello: un portale presidiato da due torri), nella variante con il

corpo centrale sopraelevato, che non casualmente possiamo ritrovare nel vicino castello di Racconigi (o

almeno quello che doveva essere l’edificio originario)

La simmetria della facciata e di tutto l’edificio, raramente rilevabile nei castelli medioevali (se non pesantemente rimaneggiati nei secoli successivi – come per la residenza reale di Racconigi), ne fanno un esempio pressoché unico.

Per completezza deve essere citata l’analogia con il Castello del Drosso, per la similare distribuzione dell’edificio (anche se quasi assente la simmetria), la funzione iniziale di insediamento rurale fortificato (con la presenza documentata di monaci cistercensi), ed infine la coincidenza tra i proprietari degli stessi fratelli Vagnone di Trofarello, nella stesso periodo (1339 l’acquisto del Drosso, 1342 per Bonavalle).

Tornando a Bonavalle le due particolari torri angolari circolari a lato della facciata principale risalgono certamente all’impianto più antico della costruzione. Ancora più singolari sono le due torrette pensili sormontate da cupolotti ai lati del prospetto settentrionale che ne sanciscono la singolarità estetica a scapito della classica struttura di castello rurale. L’unicità e la singolarità di questa struttura architettonica

nascono dalla commistione di stili che il castello stesso rivela alla sua vista destabilizzando un attento osservatore e cultore delle bellezze degli stili decorativi; i prospetti sud ed ovest, infatti, e la torre angolare che li separa, sono stati visibilmente rimaneggiati sicuramente nell’ottocento con uno stile neogotico (come palesemente neogotiche sono le due colonne ad ornamento dell’ingresso carraio a ovest), mentre la singolare facciata che apre sul giardino, quella settentrionale, è quasi certamente un rifacimento collocabile nella metà del seicento così come le due torrette pensili che danno risalto a questo imponente ingresso.

Nel cortile interno le murature in buona parte prive di intonaco consentono una più agevole lettura delle modificazioni intervenute (sono state murate in particolare quasi tutte le finestre del corpo centrale sopraelevato (due a sesto acuto e due a tutto sesto).

Buona parte del giardino occupava certamente l’area a nord, mentre ad est ritroviamo il quarto frontone non intonacato che a differenza dei prospetti interni non presenta vistose tracce dei tamponamenti delle finestre ogivali di epoca quattrocentesca.

 

Consistenza nella storia

1200-1300

E’ il periodo nel quale possiamo datare l’origine almeno del corpo centrale (torre-porta) e delle due torri.

Mentre sono bene evidenti e documentate nel seguito le varie modificazioni intervenute, dall’esame delle murature non esistono prove che consentano di individuare una edificazione separata ed antecedente delle due torri rispetto all’edificio principale; dalla lettura delle facciate verso il cortile interno sembrerebbe al contrario che tutte le murature siano della stessa epoca (certamente medioevale), comprese quelle esterne (v. cornice in mattoni) e poi abbiano subito differenti modificazioni.

1477

Risultano descritte sia le due torri angolari (una verso il ricetto, una verso Racconigi), sia la presenza di un cortile interno, fossato e barbacani, il ricetto con le case dei fattori ed i campi; quello che possiamo dunque definire castello rurale

1562

Si documenta la presenza di una vera e propria “cassina”, con abitazioni e stalle; viene meno la funzione difensiva, anche se gli elementi di questa (es. fossato) sono ancora visibili

1641

Con l’acquisto da parte del conte Giovanni Antonio Turinetti (famiglia residente a Torino e con affari e proprietà in Italia ed anche fuori d’Italia, dunque dotata di considerevoli risorse finanziarie) l’edificio subisce una importante ristrutturazione (almeno per le unità immobiliari acquistate) con la trasformazione in una residenza estiva nobiliare, circondata da un giardino muragliato, e miglioramenti alle Cassine..

Contemporaneamente anche la parte agricola veniva rimodernata con lo sfruttamento intensivo dei terreni, come azienda agricola, in grado di remunerare i relativi investimenti; la consistenza è definita in quattrocentotrenta giornate.

E’ anche documentato un contenzioso con i condomini Balbo, con una azione che mirava ad acquisire la piena proprietà.

Nella ristrutturazione viene anche citata la realizzazione di un appartamento dalle fondamenta al tetto di un “sito diroccato”.

Questo fatto è documentato da una pianta del castello del 1623 (Archivio di Stato); in questo si notano:

  • la permanenza del ponte di ingresso sul fossato
  • la porzione nord-est diroccata (appunto “Corte osij sitto darochizio contenzioso”)
  • la porzione ovest di proprietà differente e con un accesso separato (ora tamponato)
  • un vano scale quadrato esterno, ricavato nel cortile (anche di questo non vi è rimasta traccia)
  • una scala ricavata nel locale a ovest del portale
  • il profilo (a tratto sottile) di due manufatti di sezione circolare agli angoli nord, in luogo delle attuali torrette, di dimensioni molto minori, ed anche tra loro differenti; non si può escludere la presenza di due garitte (o bertesche) circolari (compatibili con la minore dimensione e la funzione difensiva di epoca medioevale), presupponendo dunque che le due attuali torrette siano state successivamente realizzate come elemento meramente decorativo ed evocativo (privo di qualsiasi apertura per il getto e la difesa) a memoria della precedente presenza (si veda la presenza di una torretta nel lato sud ovest del già citato castello del Drosso); 

Come ben rilevabile in foto la sezione delle attuali torrette (a sn) è tangente allo spigolo e non corrisponde dunque alla pianta; una garitta (o bertesca circolare), come quella nella foto a dx, è invece sporgente dallo spigolo, e corrisponderebbe a quanto disegnato in pianta, ove è inoltre dettagliato l’arrotondamento dello spigolo corrispondente all’attacco inferiore dello sporto – rilevabile al piano rappresentato; le dimensioni di tali manufatti rappresentati in disegno sono realmente minime, e potrebbe essere il motivo per il quale in epoca successiva si sia decisa la sostituzione con due strutture similari, ma paragonabili per dimensione alle due torri principali; denunciando una esigenza di simmetria che ha caratterizzato gli ultimi interventi che hanno portato l’edificio alla strutturazione attuale.

  • La facciata ovest è disegnata priva di finestre ed il sito diroccato è invece dotato di finestre strette dall’aspetto di feritoie di casa fortificata (facendo presupporre che tale ala, non ancora ristrutturata e diroccata in quanto da tempo priva di manutenzione, corrisponda all’aspetto originario del resto dell’edificio trecentesco)
  • Non esistevano né l’attuale accesso dal cortile interno della manica ovest (portale con vano scale), né l’accesso ai giardini della facciata nord (portale con gradinata esterna a due rampe), che sappiamo essere interventi recenti, né l’adiacente vano scale
  • Altri dettagli non corrispondenti: latrine ricavate nei maschi non corrispondenti alle attuali, finestre delle torri (ora non sono tre a piano terra), una scala a chiocciola nella manica nord (di cui ora non vi è traccia), un pozzo nel cortile interno in posizione differente dall’attuale

Nel 1671 il conte Giovanni Antonio afferma di aver riparato e migliorato quasi tutto il castello, compresa la già citata riedificazione dalle fondamenta dell’ala diroccata.

1685

Da un inventario risultano documentati ancora locali di proprietà dei Balbo (nella pianta i locali dell’ala sud ovest disegnati con colorazione più chiara) nella manica sud ed ovest

1734

Viene documentata la consistenza dei quattro appartamenti di proprietà dei Turinetti (Ercole, marchese di Priero), corrispondenti ai quattro quinti del feudo, con il condominio dei Balbo; il corpo centrale viene curiosamente descritto con un piano in più dell’attuale (non è dato sapere se si tratti di un errore o corrisponda alla prova di una modifica successiva). Si documenta nella manica nord la presenza di un “portico”, accesso con due portoni grandi sia verso il giardino (come l’attuale), sia verso il cortile (ora tamponata e spostata nel vano scale); uno dei locali sotterranei non risulterebbe voltato (come ora) ma con un semplice solaio

1791

La famiglia Turinetti acquista la piena proprietà del castello (dalle Finanze dello stato sabaudo, che dunque aveva confiscato o acquistato la quota dei Balbo). Nella descrizione viene anche citata la piccola campana posta sull’edificio centrale (di cui ora rimane traccia del sostegno) Data da definirsi (intorno al 1791)

 

In un archivio privato esiste una pianta di un progetto mai realizzato che dovrebbe risalire a data successiva del 1791, per la semplice considerazione che la ristrutturazione avrebbe riguardato tutto l’edificio (e nel disegno non vi è fatta menzione di differenti proprietà, come finora invece ben evidenziate), ma non nell’Ottocento. Gli aspetti interessanti sono:

  • la presenza della scalinata nord nell’attuale collocazione a fianco dell’atrio centrale
  • la permanenza della scalinata quadrata nel lato sud-est del cortile

1850 - 1854 (data di pubblicazione)

Veduta del Gonin

Enrico GONIN, Album delle castella feudali della monarchia dei Savoia – 1854 – Castello di Bonavalle
Enrico GONIN, Album delle castella feudali della monarchia dei Savoia – 1854 – Castello di Bonavalle

Un prezioso elemento documentale è dato dall’apporto iconografico di Enrico Gonin, prezioso per verificare le ultime modificazioni intervenute sull’immobile; si può notare che le differenze rispetto allo stato attualie sono davvero limitate. In particolare:

  • le colonne neogotiche a fregio dell’ingresso del giardino sud sono già presenti ed identiche all’attuale (corrispondono al gusto dell’epoca, rilevabile con identico disegno in vari immobili a Carmagnola, e Torino)
  • La facciata principale presenta ancora le due finestre centrali (terzo e quarto piano fuori terra) che ora sono tamponate (tracce visibili), ed in particolare quella del quarto è ora coperta dalla grande decorazione dell’orologio (leoni rampanti), che evidentemente è stata realizzata in epoca successiva; nell’incisione si vede infatti il quadrante dell’orologio, identico all’attuale, ma del tutto privo della decorazione; la meridiana è presente ed identica
  • Nessuna traccia del fossato, l’accesso al portale è interrato con la pendenza necessaria per raggiungere il livello del cortile interno
  • Le persiane curiosamente non appaiono a tutte le finestre; gli infissi delle finestre appaiono identici a (i resti de) gli attuali
  • L’aspetto della torre sudest è identico all’attuale; spicca l’identica fascia intonacata a fregio della finestra del penultimo piano; la torre sud ovest invece è visibilmente mattoni faccia a vista – data la precisione del disegno sono riportati anche i fori dei travicelli, e dunque siamo certi non trattarsi del decoro finto mattone attuale (fu dunque intonacata e decorata dopo tale data); sulla medesima torre di una feritoia riportata dal Gonin non vi è più traccia
  • Le torrette nord sono identiche all’attuale, se si eccettua l’assenza della fascia marca piano a fregio della parte sopraelevata; si nota un manufatto metallico sulla sommità (ora assente)
  • Si nota il meccanismo metallico porta campana sulla sommità dell’edificio centrale (ora quasi illeggibile)
  • La facciata ovest è in ombra, si riporta dunque un ingrandimento, con correzione dei livelli; si notano lacune e rappezzi nell’intonaco (si tratta di una facciata appartenuta in parte a consignori meno presenti); il secondo piano f.t. presenta le quattro finestre nella medesima attuale distribuzione; altrettanto non si può dire per il piano superiore. Quello che colpisce l’attenzione è la presenza di una fila di finestrine a sesto acuto all’ultimo piano, di cui ora non esiste traccia; pare del tutto evidente che trattasi di una realizzazione di gusto neogotico (vedasi le colonne in primo piano), che corrispondono a quanto rilevabile anche in facciata principale (v. foto sotto di dettaglio), e che doveva ricalcare una fila di piccole finestre con arco a tutto sesto di epoca medioevale, tutte tamponate in epoca successiva (come nel cortile interno), che caratterizzava l’ultimo piano.

Se ne conclude dunque che:

  1. La facciata ovest è stata modificata con un intervento successivo (sempre ottocentesco), e che ha riguardato il decoro a finto mattone delle due facciate (sud e ovest e torre intermedia) nonché il decoro a fregio del quadrante dell’orologio
  2. In epoca medioevale l’impianto delle finestre era molto differente: più piccole o assenti ai piani inferiori, molte rivolte verso il cortile interno (evidentemente tamponate quando si aprirono quelle vs l’esterno), piccole e numerose all’ultimo piano; la configurazione attuale è stata impostata intorno al ‘600
  3. All’ultimo piano dapprima alcune piccole finestre sono state ridisegnate nei primi dell’ottocento con gusto neogotico; con l’intervento successivo si è invece ripetuta la distribuzione dei piani inferiori
  • I camini del lato nord ovest risultano già realizzati (nota causa del distacco corrispondente nel punto indebolito della muratura); non è possibile notare la presenza o meno di una lesione.

Nel medesimo periodo (1849) il Tenente Colonnello d’Artiglieria Demetrio Curzio Emanuele Turinetti si ritirò dal servizio dedicandosi anima e corpo all’agricoltura ed alle attività rurali del castello riqualificandolo e rendendolo nuovamente operativo in quanto azienda agricola. Egli, a differenza dei suoi antenati, fissò in maniera abbastanza stabile la propria residenza proprio a Bonavalle a cui apportò migliorie tali da renderlo, per la sua epoca, un vero e proprio “agro modello”. Il castello e le proprietà agricole annesse rimasero di proprietà della famiglia Turinetti fino ai primi anni del secolo scorso (l’ultimo documento riguardante il Conte di Priero è una distinta di mobili, pregiati arredi, attrezzi di proprietà in data 1925).

Dell’ultima rilevante ristrutturazione (decori e finestre) non sono reperiti elementi documentali. Potrebbero essere attribuibili al periodo della residenza del citato militare in congedo, anche se le notizie riguardano più l’attività agricola che opere presso il castello.

Anche del decoro dei leoni non sono state rilevate tracce che possano rivelare il periodo o la proprietà.

 

In particolare tale decoro non si avvicina a nessuno dei blasoni delle numerose famiglie che si sono avvicendate a Bonavalle (v.sotto i due blasoni con leoni e quello dei Balbo e Turinetti).

I due leoni controrampanti sono disegnati dunque come tenenti o supporti del quadrante anziché dell’arme gentilizia, fatto usuale nel codice araldico.

Inizio novecento

In questa foto di archivio si notano:

  1. La copertura con rampicanti della fascia inferiore della facciata principale
  2. Le prime tracce del distacco murario dell’angolo nord-ovest
  3. Le finestre dell’ultimo e penultimo piano sono ancora dotate di scuri e non di persiane (di norma apposte tra fine ‘700 ed inizio ‘800)

La tenuta di Bonavalle fu poi venduta al pittore Augusto Levis (residente nella tenuta Cayre di Racconigi), il quale morì di polmonite poco dopo lasciandola in eredità ai comuni di Racconigi, per due terzi, e Chiomonte, suo luogo di origine, per un terzo, affinchè fossero costruiti in Racconigi, fuori dall’abitato, un padiglione per la cura delle malattie tubercolotiche e destinato a portare il nome della moglie “Maria Teresa Levis Biancotti” ed una scuola di Arti e Mestieri, che avrebbe dovuto portare il nome di “Geometra Giuseppe Levis”.

Levis morì nel 1926 lasciando l’usufrutto vitalizio di tutti i suoi beni alla moglie Maria Teresa Biancotti.

1932

Nella domanda di assicurazione avanzata dalla vedova usufruttuaria si descrivono il castello, un altro edificio rurale (tettoia indicata in foto alla lettera A) ora non più rilevabile (è stato venduto con i terreni e demolito), e l’edificio rurale (B) a pianta rettangolare a compendio del giardino sud (unico sopravvissuto alla proprietà pubblica) definito “casa del giardiniere”, con stalla, rimessa e ballatoio.

1940

Nel rilievo catastale del 1940 si rileva dalle destinazioni d’uso dei locali che sono descritti due appartamenti indipendenti realizzati ai piani superiori ove era in precedenza un unico appartamento nobiliare.

A piano terreno è documentata la formazione di pareti divisorie per la realizzazione di camere più piccole.

Alla morte di Maria Teresa Biancotti le proprietà passarono nella piena disponibilità dei comuni legatari.

Il lascito a favore di Racconigi è stato utilizzato per la costruzione di una Casa di Riposo per anziani (la Residenza Biancotti – Levis).

Della tenuta di Bonavalle i terreni furono alienati, ai due comuni rimase soltanto il Castello e l’antistante fabbricato agricolo, ai quali non fu più garantita la manutenzione, e pertanto, in conseguenza dei danni alla copertura, caddero presto in rovina.

Aree verdi annesse al Castello

La prima documentazione grafica reperita che riporta una raffigurazione del giardino ad ornamento del Castello è del 1842. Come consuetudine risulta recintato da una cinta muraria. 

Nella carta si illustra il percorso del Rivo Caldo, un canale che attraversa la tenuta di Bonavalle (ora a bordi del Nucleo di Bonavalle costituisce il confine con il municipio di Racconigi) e individua il tracciato di un nuovo fosso che si intendeva realizzare per irrigare i prati. Una parte di tale cinta muraria è ancora presente ed utilizzata nella adiacente azienda agricola.

In un'altra pianta del 1845 si illustra un ulteriore progetto di modifica del letto del Rivo Caldo e la modifica del tracciato di un breve tratto della strada che conduce al Castello volto a renderla più rettilinea.

Si riporta l’ingrandimento della zona del castello; non conta tanto la descrizione dell’immobile principale (sommaria e schiacciata probabilmente perché ai bordi del foglio) quanto quella dei fabbricati rurali di compendio (sono presenti sia la cosiddetta casa del giardiniere, sia il fabbricato antistante a sudovest,

tuttora presente, sia la frontistante cappella settecentesca); è rappresentata la recinzione a fianco della cancellata neogotica (quella stessa rappresentata dal Gonin, ma senza muretto di confine); il fabbricato sud (casa del giardiniere) è rappresentato privo dell’estremità occidentale, realizzata successivamente

(presente nel 1870).

Un altro documento molto significativo per l’accuratezza della rappresentazione e la ricchezza dei dettagli è costituito da un mappa del 1853 redatta per definire il progetto del ponte in cotto che si sarebbe realizzato lungo la strada del Lupo che corre in direzione est-ovest costeggiando il piazzale del Castello ed immettendosi sulla via ad essa perpendicolare che conduce a Bonavalle dalla strada Comunale che collega Murello a Racconigi. Pur non essendo quindi il centro della rappresentazione, il Castello, i fabbricati ad esso annessi ed i suoi giardini vengono riprodotti con straordinaria precisione e ricchezza di informazione. Per la prima volta vediamo raffigurata la scalinata collocata sul prospetto nord dalla quale si poteva accedere direttamente al giardino settentrionale attraverso due rampe simmetriche parallele alla facciata; al centro della corte interna è disegnato un piccolo rettangolo, forma insolita per un pozzo, ma il modo in cui è stata rappresentata l’ombra ci impedisce di pensarlo come un corpo emergente; addossato al fianco orientale del castello è infine rappresentato un edifico (di cui ora non vi è più traccia) che dalle indicazione di una carta risalente al 1870 doveva forse fungere da “tinaio”.

Compare a nord la parte superstite di quello che i documenti antichi definivano “gran giardino muragliato attorno”. Questa parte del parco è scandita da quattro viali rettilinei, ortogonali fra loro che definiscono otto aiuole pressoché quadrate; i suoi due viali principali lo tagliano l’uno in senso longitudinale, l’altro in senso trasversale, incrociandosi al centro del giardino dove formano un piccolo spiazzo rotondo in mezzo al quale è collocata una vasca circolare. Gli altri due viali, anch’essi trasversali, hanno una lunghezza leggermente inferiore, mentre il percorso ancora più stretto costeggia tutto il perimetro del giardino.

La grande area ad est di questo parco, delimita a oriente il Rivo Caldo e a sud dalla strada detta del Lupo, era invece organizzata diversamente, più aderente ai principi del giardino paesaggistico e dotata quindi di viali sinuosi, piante e arbusti distribuiti in modo apparentemente casuale in modo da ricreare un ambiente più simile possibile a quello naturale.

Nel 1956 (quindi solo tre anni dopo, se tali date sono riportate fedelmente) la situazione rappresentata in un’altra pianta risulta dettagliata e particolareggiata in modo abbastanza diverso, in particolare per il terreno a est (ove solo elencati e disegnati filari di alberei da frutta, e questo potrebbe testimoniare la intensa attività del già citato Demetrio Turinetti).

Compare per la prima un disegno dettagliato del giardino tra la facciata principale e la casa del giardiniere, con aiuole in due ellissi concentriche.

Situazione similare in un disegno del 1870 (dettaglio edifici):

Pianta del 1870

In particolare si nota: il completamento dell’edificio rurale sud, i muri di cinta sono quelli definitivi giunti parzialmente sino ad oggi (parzialmente nel senso che negli anni sono stati via via demoliti); compare la già citata tettoia affiancata ad est (di cui si ha notizia sino al 1930).

Si riporta infine la pianta con l’attuale distribuzione delle proprietà confinanti; le cessioni effettuate dai comuni legatari hanno negli anni spogliato l’immobile dell’intero terreno di pertinenza sui lati ovest (ex orto), nord e est.